Menu

 



PERDITE ESERCIZIO SUBITE NEL 2020, RIPIANAMENTO ENTRO IL 2025 MA ATTENZIONE AL RATING

È tempo di bilanci e sono molte le valutazioni che l’organo amministrativo è chiamato ad effettuare, considerando le norme di favore che il legislatore ha approntato per fronteggiare gli effetti economici e finanziari della pandemia. In questo articolo illustriamo una delle misure più importanti: la facoltà di prorogare il ripianamento delle perdite subite nell’anno in corso al 31/12/2020 qualunque sia il loro effetto sul patrimonio aziendale, sospendendo di conseguenza la causa di scioglimento prevista nel caso in cui il capitale sociale sia inferiore al minimo legale.

 

Le novità

La misura è stata introdotta dapprima con il Decreto Liquidità e potenziata successivamente con la legge di bilancio 2020. L’art. 1, c. 266 legge di Bilancio 2021 chiarisce che l’anno di riferimento per l’applicazione della norma è quello in corso al 31/12/2020, aspetto che il Decreto Liquidità aveva trattato in maniera nebulosa; inoltre consente di derogare alle norme civilistiche con riferimento ai termini di ripianamento delle perdite rilevanti, fissando il nuovo termine al quinto anno successivo a quello in corso al 31/12/2020, ossia al 2025. La norma impone inoltre di indicare distintamente le perdite in nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio.
Resta invariato l’obbligo dell’organo amministrativo di convocare senza indugio l’assemblea dei soci chiamata a deliberare sulla gestione delle perdite che riducano il capitale sociale al di sotto del minimo legale. Vediamo i casi che possono verificarsi.
1. Le perdite subite non intaccano il capitale sociale in quanto la società dispone di riserve idonee alla loro copertura. In questo caso discrezionalmente l’assemblea può deliberare per il riporto a nuovo oppure per l’applicazione della deroga;
2. Le perdite subite intaccano il capitale sociale, a causa dell’assenza di idonee riserve, che rimane comunque al di sopra del minimo legale. In presenza di perdite superiori a un terzo del capitale sociale, l’applicazione delle norme codicistiche imporrebbe all’assemblea di deliberare il loro ripianamento entro l’anno. In questo caso la deroga avrebbe certamente un impatto significativo;
3. La perdita subita riduce l’ammontare del capitale sociale al di sotto del minimo legale o addirittura determina un patrimonio netto negativo. In entrambi i casi il ripianamento dovrebbe essere immediato, pena lo scioglimento o la trasformazione della società; inoltre, in caso di patrimonio netto negativo, occorrerà fare importanti riflessioni alla luce della legge sulla crisi di impresa i cui effetti, sospesi per l’anno 2020, potrebbero compromettere la continuità aziendale negli anni a venire, qualora il legislatore non disponga un’ulteriore proroga del sistema degli indici di allerta. L’impatto della deroga anche qui, esercita un impatto molto significativo.

Aspetti da considerare 

Quali sono le variabili da considerare per adottare una scelta adeguata alla situazione aziendale? Innanzitutto occorrerà valutare l’entità e la portata delle perdite subite. Nel caso in cui siano rappresentative di una situazione prossima all’insolvenza, è bene optare per l’adozione degli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Qualora invece le perdite siano strettamente legate alla pandemia, mentre non è in discussione la ripresa nel breve-medio dell’impresa, la deroga al ripianamento delle perdite costituisce senz’altro una soluzione perseguibile.
Un’altra riflessione deve riguardare la gestione del fabbisogno di credito finanziario e commerciale. In presenza di un patrimonio netto negativo le banche, considerando gli attuali modelli di valutazione del merito creditizio, darebbero parere negativo alle richieste di finanziamento e analogamente i fornitori avrebbero molte difficoltà a vendere prodotti o erogare servizi ad una società incapace di tutelare la loro posizione di creditori.

 

Dubbi interpretativi

Sebbene la misura sia stato oggetto di rivisitazione da parte del legislatore alcuni dubbi interpretativi necessiterebbero di ulteriori interventi. Laddove si parla di “perdite”, ad esempio, parte della dottrina ha letto la possibilità di estendere la portata innovativa dell’agevolazione a perdite successive o addirittura precedenti. La ratio della norma, tuttavia, è quella di rappresentare un’eccezione limitata al solo annus horribilis 2020; al riguardo si segnala una lettera circolare del MISE, prot. n. 26890 del 29 gennaio 2021, che considera il passaggio dal riferimento alle “fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data [31/12/2020] ” – formulazione del Decreto Liquidità – alle “perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020” – formulazione Legge di Bilancio – come una conferma che a essere interessate dalla norma siano solo le perdite emerse nell’esercizio 2020 o sue frazioni nel caso di esercizi diversi da quello solare.
Altro elemento dubbio è relativo alle perdite che dovessero manifestarsi nell’anno in corso e fino al 2025. È vero che, almeno a rigor di logica, per la determinazione della riduzione del capitale di un terzo negli anni successivi dovrebbero essere considerate le perdite del 2020, che rappresentano la base portante di quelle future, ma anche in questo caso, analizzando la ratio della norma, il legislatore ha voluto sterilizzare le perdite del 2020, che quindi devono essere scomputate da quelle degli anni successivi.
Di diverso avviso è Assonime, l’associazione delle società per azioni italiane, che con la circolare n. 3/2021 del 25/02/2021 ribalta l’interpretazione del MISE attribuendo alla norma non solo l’obiettivo di sterilizzazione delle perdite manifestatesi durante la crisi pandemica, ma anche di ovviare alle difficoltà delle imprese di reperire mezzi finanziari aggiuntivi.
È d’obbligo segnalare anche il contributo del Notariato di Milano che nella Massima n. 196 del 23/02/2021 riconosce nel dettato normativo “perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020” la comprensione di «tutte le perdite risultanti dal bilancio di esercizio o da una situazione patrimoniale infra-annuale riferiti a esercizi o frazioni di esercizi in corso alla data del 31 dicembre 2020, a prescindere da quale sia l’esercizio in cui le perdite si siano prodotte».
Rileviamo infine che l’entità della perdita potrebbe essere determinata anche dalla decisione di sospendere la rilevazione degli ammortamenti civilistici, prevista dal cosiddetto Decreto Agosto per i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio. È, infatti, evidente che l’imputazione di minori ammortamenti civilistici comporterebbe, di riflesso, una corrispondente riduzione delle perdite civilistiche da sospendere. Al fine di rispettare il principio di rappresentazione veritiera e corretta della situazione aziendale, questo possibile effetto dovrebbe essere adeguatamente illustrato nella nota integrativa.

La copertura delle perdite o la capitalizzazione della società consentirebbero alle imprese non solo di dotarsi dei mezzi necessari per superare la crisi ma anche per rilanciare il business, guadagnando la fiducia dagli interlocutori finanziari e commerciali. Indubbio comunque che la deroga in commento può rappresentare una fonte di ossigeno per molte PMI.