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TRASFERIMENTO DELLA SOCIETA’ ALL’ESTERO: ASPETTI FISCALI

Perché non costituire o trasferire la propria azienda all’estero? Un’idea che “lampeggia” sempre più frequentemente tra gli imprenditori italiani per via dei numerosi vantaggi, oltre che commerciali, anche e soprattutto di natura fiscale.
Nulla da eccepire, fin quando, ovviamente, la procedura seguita dai contribuenti avvenga nel rispetto di quanto stabilito dalle norme di legge. Bisognerà, difatti, fare estrema attenzione per non incorrere in una situazione di elusione (o evasione) fiscale internazionale.

 

I criteri di collegamento territoriale

Il concetto di residenza fiscale di una società, o di altri enti giuridici, come vedremo, è strettamente correlato a quello della residenza fiscale delle persone fisiche.
Il legislatore fiscale individua tre criteri di collegamento tra la società e il territorio dello Stato, ai fini della sua imposizione fiscale in Italia:
– la sede legale;
– la sede amministrativa;
– l’oggetto principale.

Come per la residenza delle persone fisiche, il metodo seguito dall’Amministrazione finanziaria è lo stesso: sono tre principi tra loro alternativi, ove è sufficiente che uno di questi sia verificato per la maggior parte del periodo di imposta affinché possa essere accertata la residenza fiscale della società nel nostro Paese. La conseguenza di tale accertamento è che tutti i redditi prodotti nel mondo (world wide taxation principle) dalla società saranno soggetti a tassazione in Italia.

 

Il luogo di effettiva amministrazione della società

Al di là del requisito formale della sede legale e del luogo ove è svolta l’attività principale, che paiono essere due criteri alquanto pacifici e di più facile constatazione, maggiormente complesso risulta invece il criterio della sede di effettiva amministrazione della società.
Il legislatore fa riferimento al luogo dove vengono prese le decisioni direttive e strategiche, il luogo delle riunioni degli amministratori. In termini più generici possiamo identificare la sede amministrativa di una società con il luogo dove si da impulso e si concretizza l’amministrazione aziendale (place of effective management).
E’ qui che torna in gioco il concetto di residenza fiscale (di fatto) delle persone fisiche che decidono e amministrano l’azienda; il giudice tributario in più occasioni ha contestato la residenza fiscale estera di una società a causa della residenza fiscale italiana dei propri amministratori.

Anche la dottrina prevalente tende a sostenere che la residenza fiscale degli amministratori sia un elemento chiave per accertare la sede amministrativa di una società in Italia (salvo prova contraria), così come di fondamentale importanza è il luogo dove risiedono i soggetti che hanno il potere e la gestione dei conti bancari dell’azienda. Questa potrebbe difatti essere una prova discriminante in caso di amministratori residenti sia in Italia che presso la sede estera o nel caso in cui il luogo delle riunioni decisionali sia più “virtuale” che fisico.

Sarà, comunque, onere dell’Amministrazione finanziaria dimostrare il mancato rispetto dei requisiti di cui sopra per assoggettare ad imposizione la società o gli enti diversi in Italia, ad eccezione del caso in cui si configuri la fattispecie di esterovestizione societaria, ovvero una localizzazione fittizia della residenza di una società, finalizzata principalmente all’abbattimento delle imposte, verso Paesi generalmente a fiscalità privilegiata e nei quali lo scambio di informazioni tra le autorità è fortemente limitato o pressoché inesistente.
In tali casi, difatti, l’onere della prova di effettiva amministrazione e localizzazione all’estero ricadrà sulle società contribuenti.
Definiti quindi i confini entro i quali una società è considerata, di fatto, fiscalmente residente in Italia o all’estero, vediamo cosa accade quando avviene un trasferimento della società o dell’ente verso un Paese estero.

 

Natura realizzativa del trasferimento: la exit tax

Innanzitutto evidenziamo il fatto che, da un punto di vista civilistico, per il legislatore un trasferimento di sede legale di una società, da o verso l’Italia, non ne pregiudica la continuità giuridica (a condizione che nel Paese di provenienza dell’ente sia in vigore il medesimo principio). Pertanto la società trasferita continuerà ad esistere senza che il trasferimento sia, necessariamente, causa di estinzione.

Dal punto di vista fiscale, il trasferimento della residenza all’estero di un’impresa commerciale ha natura realizzativa (exit tax); genera una plusvalenza imponibile, data dalla differenza tra il valore di mercato e il corrispondente costo fiscalmente riconosciuto delle attività e delle passività del patrimonio aziendale trasferito, avviamento compreso (e che non siano confluite in una stabile organizzazione dell’impresa italiana).
La plusvalenza si considera “realizzata” al termine dell’ultimo periodo di imposta di residenza fiscale in Italia (tenendo sempre a mente il vincolo temporale dei 183 giorni).
Il legislatore consente, al verificarsi di determinate condizioni e al rispetto di alcuni requisiti, la compensazione con le perdite fiscali realizzate sino all’ultimo periodo di imposta di residenza, oltre alla possibilità di rateizzare l’imposta “di uscita” in 5 rate annuali di pari importo .
Vi sarà applicazione di exit tax anche laddove il trasferimento dell’impresa sia solo parziale (es. rami d’aziende) presso una propria stabile organizzazione situata all’estero, oppure quando lo stesso sia conseguenza di un’operazione straordinaria (es. fusione o scissione di società italiana in società estera).

 

Conclusioni

Le Direttive comunitarie così come recepite dal legislatore nazionale hanno il chiaro obiettivo di contrastare le pianificazioni fiscali aggressive delle aziende e soprattutto dei grandi gruppi societari, cercando di limitare la continua sottrazione di materia imponibile dai propri territori in favore di Paesi a fiscalità agevolata o in taluni casi addirittura inesistente.


Fonti normative
Direttive europee 2016/1164/Ue e 2017/952/Ue (ATAD 1 e ATAD 2 - Anti Tax Avoidance Directive)
Linee Guida OCSE
D.lgs. 142/2018
TUIR, art.5 co.3 lett. d), art. 73 co. 3 e ss., art. 166