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LA RILEVANZA DELLA MERA APPROVAZIONE DEL RENDICONTO NELLE SOCIETA’ DI PERSONE

Ai sensi dell’art. 2262 c.c., nelle società di persone il diritto del singolo socio a percepire gli utili è connesso, salvo patto contrario, alla mera approvazione del rendiconto, diversamente da quanto accade nelle società di capitali, in cui, ex art. 2433 c.c., occorre la previa deliberazione assembleare che, preso atto della sussistenza di utili in bilancio, ne autorizzi la distribuzione o la diversa destinazione.

 

Una premessa: l’irrilevanza della percezione degli utili

La suddetta differenza è alla base del meccanismo di tassazione per trasparenza in capo ai soci previsto dall’art. 5 TUIR, ossia l’imputazione degli utili o delle perdite a ciascun socio, in proporzione alla propria quota di possesso, a prescindere dall’effettiva percezione. L’irrilevanza della percezione si giustifica, infatti, in relazione al fatto che i soci possono disporre del reddito societario sin dal momento dell’approvazione del rendiconto, principio legittimato anche dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 201 del 21 Luglio 2020.

 

Il rendiconto come strumento di controllo

In realtà il diritto al rendiconto va letto come uno dei diritti più importanti spettanti ai soci non amministratori, non solo in relazione alla distribuzione degli utili, ma anche e soprattutto in quanto strumento di controllo dell’attività sociale svolta dagli amministratori. La giurisprudenza di legittimità ha altresì precisato la differenza di funzioni del bilancio e del rendiconto. In tal senso, mentre il primo serve per accertare la situazione patrimoniale della società, nonché gli utili conseguiti o le perdite subite nell’esercizio, il secondo serve invece a rendere il conto dell’operato degli amministratori ai soci non amministratori, al pari del rendiconto del mandatario (art. 1713 c.c.). Il diritto al rendiconto si colloca pertanto nell’ambito più generale del diritto di informazione, diritto che nelle società di persone, stante la responsabilità illimitata per le obbligazioni, è particolarmente avvertito.

 

La presentazione del rendiconto

L’obbligo di presentazione del rendiconto da parte degli amministratori di società di persone viene equiparato all’obbligo di presentazione del bilancio da parte degli amministratori di società di capitali. Se infatti l’amministratore della società di persone non presenta il rendiconto, lede il diritto del socio agli utili, legittimandolo ad esperire azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore, per farne valere la responsabilità extracontrattuale in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 2395 del codice civile, dettato per le società per azioni.

È questo l’ultimo indirizzo adottato dalla prima sezione civile della Cassazione nell’ordinanza n. 11223 del 28 Aprile 2021. La Corte di Cassazione è tornata pertanto a ribadire che “il diritto agli utili per il socio di società personale è subordinato alla sola approvazione del rendiconto, e quindi coerentemente la lesione di detto diritto può essere fatta valere dal socio come danno diretto e immediato, proprio in quanto conseguente al mancato assolvimento da parte del socio amministratore dello specifico obbligo di distribuzione degli utili, ovviamente ove sussistenti”.

A diverse conclusioni si deve giungere quando il socio fa valere in giudizio la mancata percezione degli utili come derivante da diversi comportamenti di gestione tenuti dall’amministratore, dato che in tali ipotesi il danno lamentato viene a configurarsi come conseguenza del danno arrecato alla società e soltanto in seconda e indiretta battuta patito dal socio.

 

L’approvazione del rendiconto

Nonostante il tentativo del legislatore di uniformare la disciplina in ragione dello svolgimento di un’attività commerciale e non della caratterizzazione dell’organizzazione in chiave personalistica o capitalistica, l’ambito delle società personali resta caratterizzato dall’assenza di rigidi formalismi. Il legislatore, dunque, non ha previsto una disciplina organica relativa ai criteri deliberativi generali (maggioranza o unanimità), nonché alle modalità di assunzione e all’invalidità delle decisioni, determinando non pochi contrasti interpretativi in giurisprudenza e in dottrina. Sui criteri deliberativi la dottrina prevalente ritiene che l’approvazione competa a tutti i soci, compresi i soci amministratori che lo predispongono. Diversamente si realizzerebbe uno scenario ambiguo: i soci amministratori vedrebbero dipendere il loro diritto agli utili dalla sola decisione dei soci non amministratori.  In merito alle modalità di assunzione delle decisioni, pur in assenza di previsioni che richiamino il procedimento assembleare di approvazione del bilancio tipico delle società di capitali, non esistono previsioni che riecheggiano il sistema del silenzio-assenso, né sembra applicabile in via analogica la regola prevista nell’art. 2311, secondo comma, c.c., relativa all’approvazione tacita del bilancio di liquidazione.

Dunque, sul tema si evidenzia un vuoto normativo, laddove lo statuto non preveda previsioni specifiche. Pertanto, ispirandosi al principio di certezza del diritto, si ritiene che la lacuna sia superabile regolando la materia nell’atto costitutivo o nel suo statuto, dove possono trovare posto previsioni di approvazione tacita, solo se espressamente previste e altresì clausole atte a scongiurare un eventuale stallo decisionale nell’ipotesi in cui, in sede di approvazione del rendiconto stesso, qualcuno fra i soci dovesse esprimere la propria opposizione.

 

Fonti: