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TICKET RESTAURANT: DISCIPLINA FISCALE E PREVIDENZIALE

I ticket restaurant non costituiscono dei veri e propri compensi in natura, in quanto sul buono è evidenziato il valore nominale della prestazione cui il lavoratore ha diritto.

Chiariamo prima un aspetto fondamentale in quanto sono totalmente escluse dal reddito di lavoro dipendente (art. 51 co. 2 lett. c) TUIR) le somministrazioni di vitto:

  • da parte del datore di lavoro (es. pasti consumati dai collaboratori domestici o dai cuochi o camerieri di ristoranti);
  • ovvero in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi.

Rientrano in questa previsione:

  • le convenzioni tra il datore di lavoro e i ristoranti; tale principio è stato esteso, in generale, agli altri esercizi pubblici convenzionati con il datore di lavoro che effettuano prestazioni di somministrazione di alimenti e bevande (es. bar);
  • la fornitura di cestini preconfezionati contenenti il pasto dei dipendenti (si pensi all’acquisto da parte del datore di lavoro di cibi precotti, da distribuire ai dipendenti per il pasto).

Sono invece escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto (ticket restaurant o buoni pasto) fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica (ticket restaurant o buoni pasto elettronici).

L’importo massimo escluso da tassazione deve intendersi riferito:

  • al valore facciale del buono;
  • all’ammontare complessivo dei buoni utilizzabili dai lavoratori dipendenti per ciascun giorno lavorativo,

al netto:

  • delle somme eventualmente poste a carico del lavoratore dipendente (cioè della parziale partecipazione del dipendente al costo del pasto);
  • dei contributi previdenziali e assistenziali versati in conformità a disposizioni di legge.

L’importo dei buoni pasto che eccede il predetto limite giornaliero, così determinato, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.

I buoni pasto, pur nel silenzio della norma, devono essere concessi alla generalità dei dipendenti ovvero a intere categorie omogenee di essi per avere il beneficio fiscale e contributivo (Circ. 326/E/1997). Si osservi che per l’azienda la deducibilità dei servizi di mensa – a cui sono assimilabili anche i ticket restaurant – è condizionata al fatto che essi siano destinati alla generalità dei dipendenti. Ne conseguirebbe che, qualora i servizi di mensa siano destinati ad un numero limitato di dipendenti come, ad esempio, solo ai dirigenti o agli impiegati, le relative spese non dovrebbero essere ammesse in deduzione.

Un buono pasto maturato in una giornata lavorativa non genera reddito di lavoro dipendente sino alla soglia di euro 4 euro se cartaceo (o 8 euro se telematico); pertanto, ad esempio, un buono pasto elettronico del valore nominale di 9 euro produce reddito imponibile-previdenziale e fiscale in armonizzazione per 1 euro al giorno.

 

Un esempio per chiarire

Un datore riconosce a tutti i dipendenti un buono pasto telematico di 9 euro per ogni giorno effettivamente lavorato; nel 2022 un dipendente ha 200 giorni di effettiva presenza, con erogazione di buoni pasto per complessivi 1800 euro (ovvero 200 giorni x 9 euro di buono pasto giornaliero) di cui la parte esente è pari a 1600 euro (ovvero 200 giorni x 8 euro – importo giornaliero esente). L’importo imponibile è, quindi, di 200 euro.

Pertanto il rimborso del buono pasto non trova allocazione in Cu /salvo la parte imponibile che è un di cui.

 

Riflessi fiscali per il lavoratore

Euro 20.000 reddito di lavoro dipendente fiscale (al netto dei contributi a carico dipendente) + parte imponibile del buono pasto (200 – 9,19% = 181,62) = reddito del punto 1 – 20.181,62;

Più precisamente i contributi c/dipendente sul buono pasto (200 x9,19%=18,38) erodono con l’articolo 51c2 lett a) del tuir i 20.000 di reddito (20.000-18,38 contributi c/dipendente su buono pasto +200 b pasto) = reddito di lavoro dipendente fiscale 20181,62;

Ovviamente i 200 euro imponibili previdenziali trovano allocazione nella parte previdenziale della Cu.

 

Riflessi IVA per il datore di lavoro che eroga servizi di mensa

L’Agenzia delle entrate, con risoluzione n. 75 dell’1.12.2020, in risposta ad una consulenza giuridica, ha chiarito che il servizio sostitutivo di mensa aziendale, attraverso l’erogazione dei buoni pasto, comporta che, giuridicamente, si instaurino due diversi rapporti contrattuali tra i soggetti coinvolti:

  1. tra la società emittente i buoni pasto e il datore di lavoro. In tale rapporto, alla somministrazione di alimenti e bevande presso la mensa aziendale si applica l’aliquota agevolata del 4% ex n. 37, Tabella A, parte II, D.P.R. 633/1972, relativamente a tutte le prestazioni aventi ad oggetto somministrazioni fornite al personale dipendente nei locali ivi indicati. La base imponibile da assoggettare ad IVA con l’aliquota ridotta del 4% è costituita dal prezzo convenuto tra le parti, non rilevando la circostanza che tale prezzo sia pari, inferiore o superiore al valore facciale indicato nel buono pasto;
  2. tra la società emittente e la mensa aziendale ed interaziendale che accetta i buoni pasto. L’aliquota applicabile è pari al 10%, ai sensi del disposto di cui al n. 121) della tabella A, Parte III, D.P.R. 633/1972. A tal riguardo, in linea generale, a titolo di corrispettivo, le società di emissione dei buoni pasto applicano una percentuale di “sconto incondizionato” (sconto/convenzione tra società di somministrazione pasti e società di gestione dei ticket), sul valore nominale dei buoni pasto. La base imponibile va determinata applicando la percentuale di sconto convenuta al valore facciale del buono pasto, scorporando, quindi, dall’importo così ottenuto, l’imposta in esso compresa, mediante l’applicazione delle percentuali di scorporo dell’IVA indicate nel comma 4 dell’art. 27, D.P.R. 633/1972.

 

Fonti:
  • IPSOA – ONE FISCALE
  • IL SOLE ORE – Sistema Frizzera